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Alla 100km del Sahara con Fabrizio Venturi

Questa settimana ho avuto tempo e modo di ripercorrere a mente fredda (beh, non troppo fredda, ho avuto 40 di febbre per due giorni tanto per non dimenticarmi dei quarantasette gradi dell'ultima tappa!) ogni singolo istante di quella meravigliosa esperienza che è stata la "100km del Sahara". Devo ammettere che ho provato sensazioni uniche, stati d'animo ogni istante diversi: dalla competizione vera e propria dove vuoi primeggiare, al senso di libertà più assoluta. Correre nel deserto è unico, non vuol dire solo allenamento fisico ma anche mentale, devi entrare in sintonia con l'ambiente che ti circonda in modo da poterlo conquistare. Devi carpire ogni suo segreto se vuoi "volare" sulle dune e non sprofondare.

Ho conosciuto persone con una volontà e forza d'animo incredibile, Sabine. Sei stata grande! Ti applaudo ancora. A parte le prime due tappe che ho corso in "solitaria", le ultime due mi sono trovato a correrle in gruppo, dove tra una barzelletta e l'altra ci siamo un po' allontanati dalla pista andandone a cercare una alternativa sull'Erg. Molto bello lo spirito di gruppo che si era creato (anche se alcuni personaggi di spirito di gruppo ne avevano poco, oppure ce l'avevano solo per farsi aspettare!). In questo modo non ti sentivi mai solo anche se ti avevano o avevi distaccato, condividevi emozioni, dolori, vesciche...

All'arrivo c'era sempre chi si complimentava con te per la tua gara, c'era sempre chi ti applaudiva e c'era sempre chi ti porgeva dell'acqua. E all'arrivo c'era sempre lo staff pronto ad alleviarti qualsiasi altra fatica. Gli organizzatori sono stati veramente dei professionisti dove nulla era lasciato al caso. Forse potevano mettere più impegno nell'attaccare gli adesivi di "Area Banca" (scherzo!!!).

Ed ecco alcuni dei nostri eroi (vari Obelix). Uno strano mammifero barbuto chiamato Merlino, l'uomo-survivor, colui che ti risolve sempre qualsiasi problema e ti immortala nelle situazioni peggiori con le sue svariate macchine fotografiche (sei un bastardo e sai il perché!). Grande il nostro preparatore Fulvio, l'uomo-glutammina che a qualsiasi ora e in qualsiasi posto ci consigliava, massaggiava e ci faceva fare stretching: veramente importante la sua opera. Il nostro mitico chef Claudio: che dire di questo cuoco energumeno? Dire che mangiavamo meglio che al ristorante è poco. A parte la qualità e la quantità ci faceva un menù perfetto per l'atleta (non consideriamo l'antipasto di salame che comunque era sempre super-apprezzato). Mitici e sempre disponibili anche tutti gli altri ragazzi: Pasky (una macchina, non l'ho mai visto fermarsi), Paola (l'unica donna dello staff), il Doc (con le sue forbicine non proprio da chirurgo, sembravano più adatte a potare una siepe che a togliere delle vesciche!), i fratelli Zito (sempre disponibilissimi), Manuel (l'uomo-tecnologia, è stato meraviglioso quando ci ha fatto vedere sotto le stelle in mezzo al deserto, il filmato montato e completo di testi della tappa corsa poche ore prime; bravo anche dal punto di vista estetico), e tutti gli altri di cui non ricordo il nome... vi applaudo!

Ma mi stavo per dimenticare Adriano, l'organizzatore. L'uomo nato per quella situazione, colui che si fonde con l'ambiente per diventarne portavoce. Lui è questo! Permettetemi un solo appunto: la puntualità ogni sera sul web delle informazioni non è stata molto rispettata (forse per problemi tecnici) e si poteva descrivere un po' meglio l'ultima tappa parlando anche dei vincitori (come nelle precedenti prove) e anche mostrando la classifica di tappa. Un solo consiglio: non rendere la centochilometri più soft sia dal punto di vista podistico che da quello avventuristico, le troppe comodità ne snaturerebbero il fascino!

Ci siamo divertiti! Grazie. Grazie da tutti quelli come me che hanno provato non solo la gara ma un'esperienza di vita.


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