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Alla Sahara Marathon per non dimenticare

Il traguardo della diciannovesima edizione della "Sahara Marathon" è stata un'opera concettuale dell'artista saharawi Al Arbi: i corridori che hanno coperto i quarantadue chilometri di gara sono passati sotto un arco che rappresentava una tenda saharawi ed un tipico vaso di argilla con latte versato, simbolo delle tradizioni di questo popolo desertico nomade, che negli anni di abbondanza versava il latte sulla sabbia per lasciarlo asciugare ed essere in grado di conservarlo in polvere per le stagioni di magra. Un simbolo di benessere e di speranza per un popolo che vive in mezzo al nulla, circondato dal deserto più vasto del mondo e dimenticato dalle istituzioni internazionali che ancora non sono riuscite a fare giustizia ed a risolvere la loro condizione di discriminazione.

La "Sahara Marathon" vuole dunque riportare, attraverso un momento sportivo collettivo, l'attenzione dell'opinione pubblica su questa ingiustizia che vede centosessantamila persone confinate in campi profughi. Famiglie che hanno dovuto abbandonare la loro terra e che ora sopravvivono in un territorio inospitale grazie soltanto agli aiuti internazionali. I partecipanti alla "Sahara Marathon" si presentano ogni anno nel sud-ovest dell'Algeria per partecipare a questa gara il cui obiettivo è quello di mantenere viva l'attenzione sulla situazione del popolo Saharawi; e sono concorrenti di qualsiasi condizione sociale, politica ed economica, che arrivano da Singapore, Cile, Stati Uniti, Sudafrica o Cina per aggiungere il loro granello di sabbia a questo deserto di solidarietà.

Si tratta di una gara diversa dalle altre, dove le prestazioni cronometriche sono irrilevanti mentre ciò che è veramente emozionante è la fusione di storie personali unite dallo stesso obiettivo di solidarietà umana. Le famiglie saharawi, che accolgono i partecipanti nelle loro tende, vanno in strada ad applaudire i corridori, dal primo all'ultimo. I maratoneti corrono con la pelle d'oca, sopraffatti dall'enormità del deserto di sabbia che li circonda e dalla grandezza d'animo dei padroni di casa. Uno dopo l'altro attraversano il traguardo con gli occhi bagnati e condividendo le loro esperienze. Alicia che corre con il pettorale 39, l'età che avrebbe avuto suo marito, morto senza realizzare il suo sogno di correre nel deserto. Mohamed, che ha perso la gamba nell'esplosione di una miniera e termina la maratona sulla sua vecchia gamba ortopedica. Yael, la californiana che cinque anni fa è venuta nei campi per sbaglio e da allora in poi ha creato una biblioteca per bambini ed un club sportivo. Mari, che coordina una ventina di studenti spagnoli che ogni anno partecipano alla gara e ne approfittano per portare avanti progetti nutrizionali. Cristiano, che ha attraversato il traguardo piangendo per la recente morte di suo padre... Decine di storie personali che contribuiscono a creare un'atmosfera che si può respirare solo in questa gara.

Dal punto di vista prettamente sportivo la maratona di quest'anno si è risolta negli ultimi metri. Ci si aspettava un duello tra i protagonisti dello scorso anno, il saharawi Sidahmed ed il basco Salvador Villa, ma a loro si è aggiunto un ospite speciale, lo svedese Fahlen, che unitosi alla testa di gruppo, a metà gara ha deciso di passare all'attacco. All'inizio tutto sembrava presagire una facile vittoria, ma negli ultimi chilometri, in preda a crampi ha dovuto rallentare e per poco non è stato superato dagli altri due favoriti. Il podio finale: John Jonatan Fahlén 2:52:46 Lehsen Sidahmed 2:54:51, Juan Carlos Salvador Villa 2:58:26. Nella prova femminile svedese anche la prima arrivata, Li Edqvist in 4:33:17 che ha battuto al traguardo la spagnola Leonor Maciá Sánchez (4:35:48) e la statuinitense Liz Warner (4:40:19).

Al termine della manifestazione i partecipanti hanno soggiornato per diversi giorni nei campi profughi, vivendo in tenda con le famiglie saharawi e contribuendo ai numerosi progetti di solidarietà che questo evento ha generato nel corso degli anni. Le edizioni della "Sahara Marathon" sono già diciannove, quasi due decenni di impegno reale per evitare che l'ingiusta repressione dell'autodeterminazione e dell'indipendenza del popolo Saharawi cada nell'oblio.


 I nostri resoconti dal deserto - Marathon des Sables ma non solo. Boa Vista Ultramarathon, Sahara Marathon, TransMauritienne e molti altri appuntamenti sportivi su sabbia raccontati dagli intrepidi partecipanti.



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