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Alla Ultra Mirage El Djerid 100km con Gaetano Campana

Non ricordo con esattezza il momento esatto nel quale ho detto "Ok voglio correre nel deserto!". Probabilmente il mio primo input l'ho ricevuto nel giugno del 2018, mentre durante la seconda tappa della "100 km del Magraid" (altra gara stupenda, ma questa è un'altra storia...) stavo correndo nella steppa friulana. Sassi, sassi e ancora sassi sotto ai miei piedi, in lontananza solo sassi... allora con un po' di fantasia ho immaginato di essere in un deserto italiano...

I mesi precedenti alla "Ultra Mirage El Djerid 100km" non sono andati come avrei voluto, nel senso che a causa di un lungo fastidio al polpaccio non ho svolto la preparazione programmata. Il mio livello di ansia era alle stelle. Ricordo con esattezza anche il giorno prima della partenza della gara in albergo, la fase di preparazione dello zainetto, che reputo una cosa molto importante, in quanto la leggerezza è un ottimo alleato nel deserto... è durata ore! Fai, rifai e disfa, cambia tasca, cambia maglietta... che stress!!

Una volta partiti alle sette di mattina dal luogo dove hanno girato il film "Stars Wars", sono riuscito a trasformare l'ansia e insicurezza in energia positiva. Era la mia prima volta che correvo in un posto del genere.

Ho rispettato la tattica che mi ero prefissato definitivamente il giorno prima, ero stato molto attento durante il briefing pre-gara, dove gli organizzatori hanno spiegato il percorso ed hanno risposto a tutte le domande del caso. Non che fosse una strategia da scienziato, ma sono del parere che bisogna imparare ad ascoltare e capire il proprio corpo, ed il mio per una serie di motivi non ci era arrivato al meglio; perciò i primi venti chilometri, cioè quelli sulla carta più facili, avevo deciso di farli al meglio, senza andare troppo veloce, che non è la mia specialità, ma in maniera intelligente, andatura costante e senza soste.

Complice anche il fatto che era ancora mattina, e il clima ancora "sopportabile", sono riuscito ad arrivare al secondo check point allo stesso modo, senza forzare e camminando dove la sabbia si faceva più soffice.

Fino al cinquantesimo chilometro ho fatto una bella e lunga camminata con un ragazzo marocchino, Ibrahim, conosciuto sul posto; lui era leggermente un pochino più in difficolta di me, ma solo per il fatto che non indossava le ghette, e di conseguenza ogni tanto si doveva fermare a svuotare le scarpe... (le ghette sono fondamentali sulla sabbia!).

Mi sono idratato bene per tutta la durata della gara. Certo, ogni volta che si riempivano le borracce, dopo poco tempo l'acqua diventava caldissima a causa del clima davvero ostico, ma con molta immaginazione facevo finta fosse fresca!

Al ristoro di metà gara mi sono fatto un panino con la carne disidratata che mi portavo nello zainetto, mi ha ridato tanta energia! I volontari ad ogni ristoro si prendevano cura di noi in maniera davvero eccezionale... fantastici! Mi sedevo e mi portavano tutto loro... una coccola nel deserto.

Da questo punto sono tornato ad essere solo nel deserto, nel senso che ho fatto nuovamente il mio percorso in solitaria, ma vedevo quasi sempre concorrenti in lontananza sia avanti che dietro di me. Inoltre spesso passavano le jeep dell'organizzazione e dell'ambulanza, quindi devo dire che anche di notte mi sentivo in qualche modo protetto.

Esatto... la notte... fino a quel momento era il mio più grande punto interrogativo. Invece una volta arrivata (per me intorno circa al settantacinquesimo chilometro), non mi ha fatto paura, anzi mi ha davvero stregato. Il cielo era davvero stupendo, una favola. L'unica cosa che metteva inquietudine era il verso dei cammelli di notte... provare per credere!

Di notte, ma anche durante il giorno quando mi si presentava occasione, cercavo di seguire gli atleti africani, più sgamati sicuramente di me a correre sulla sabbia, e devo dire che effettivamente in certi tratti dove la mente era annebbiata, il fatto di correre dietro a qualcuno è stato sicuramente di grande aiuto.

Vedere le luci dell'arrivo in lontananza mi hanno ripagato di tanta fatica: è stata una corsa nella corsa per tagliare quel traguardo che sognavo da diversi mesi. Ho urlato di gioia e dopo aver abbracciato gli organizzatori, mi sono seduto a mangiare al ristoro finale. Che goduria! È stata per ovvie ragione una gara diversa da tutte quelle fatte in precedenza, sicuramente mi resterà nel cuore, anche dal punto di vista umano, perché conoscere gente in circostante "difficili" come questa ti fa capire quanto queste persone amino lo sport.

Sono contento di aver scelto questa gara come debutto nel deserto, oltre al percorso che è di una bellezza indiscussa, anche tutto ciò che ruota attorno è stato eccellente: hotel, spostamenti, cibo ed ambiente creatosi in questi giorni... davvero impeccabili! Sono sicuro che passerà diverso tempo prima di tornare a calpestare la sabbia del deserto, perché per finire queste gare, a parer mio bisogna essere super motivati altrimenti non ci arrivi al traguardo! Ora mi voglio "riposare", anche se in realtà sto già pensando a nuove sfide!


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